FeUSE promuove nel mondo l’arte legata alla economia circolare e al riuso/riutilizzo di materiali poveri o scartati dall’economia lineare. Lo fa promuovendo artisti già affermati o alle prime esperienze dando loro dei materiali di scarto prodotti dall’industria dell’Acciaio.

Perchè è in Italia, soprattutto, è sinonimo di industria pesante e fortemente impattante, mentre non tutte le aziende sono uguali, non tutti i processi produttivi sono i medesimi.. ci sono delle eccezioni e delle eccellenze soprattutto in campo ambientale.

Il primo materiale utilizzato che poi genera ulteriori materiali è la scoria di acciaieria.
La scoria è un residuo di fusione dell’acciaio è composta da una parte amorfa una parte di metallo (acciaio al carbonio) che è intercluso nella parte amorfa.
La parte metallica assume forme diverse perché solidifica interclusa nella parte inerte. La parte non acciaio della scoria  è costituita da roccia artificiale inerte simile al basalto( roccia vulcanica effusiva) che abbiamo chiamato INERTEX. Come le rocce vulcaniche è nera, molto dura e compatta .Nella lavorazione svolta a Cremona vengono separate le due componenti, la parte di roccia viene divisa per granulometria da pochi mm a massi ciclopici anche di mezzo metro. Possiamo prepararla come vogliamo. Il metallo invece assume raffreddandosi quella forma ramificata e si estrae dalla scoria rocciosa rompendola.
L’utilizzo di questo materiale permette di dare nuova vita all’ acciaio e permette di utilizzare la parte inerte in luogo di rocce naturali che si estraggono in imponenti cave che risultano come immense ferite nel territorio  che a loro volta diventano aree degradate e dalla storia recente anche inquinate perché spesso utilizzate come “bacini da riempire”. Rispetto alle caratteristiche dei due materiali  nati dalla scoria inertex e acciaio, L”inertex ha una elevata resistenza all’usura, è paragonato alla roccia vulcanica perché si genera alla temperatura di 1600 gradi e non contiene sostanza organica  quindi non subisce trasformazioni nel tempo se non una leggera carbonatazione per effetto della CO2 dell’aria che si lega con residui di calce libera.
Il materiale al pari delle rocce non è pericoloso, è debolmente magnetico per  l’effettiva presenza di ferro anche nei reticoli cristallini di formazione  ha un elevato peso specifico.

È giusto che anche l’arte prenda atto dei ciò. Dall’esame di quanto oggi prodotto dagli artisti sembra,  sempre più, che la sostenibilità nell’arte debba passare nel riutilizzo di pezzi di recupero… come a dire che ciò che si scarta diventa parte di un opera. 
Qui si tratta di fare un passo oltre… si tratta di applicare l’economia circolare all’arte…utilizzando nuovi materiali derivanti da processi produttivi o da seconda vita….in luogo di quelli naturali… facendo ciò che la natura fa ogni giorno… un sistema ecologico in equilibrio….

Il primo materiale è l’acciaio residuo che dopo fusione si solidifica con la scoria. Si solidifica in maniera completamente diversa nella parte inerte litoide e raffreddandosi genera una struttura ramificata, mai uguale una all’altra. Il ferro estratto è pochissimo e fino a pochi anni fa non era recuperato per l’elevato costo economico e quindi andava in discarica. 
Abbiamo immaginato questo effetto estratto dalla scoria come i rami di un corallo…

Il riscaldamento globale sta causando un aumento delle temperature del mare con conseguenze anche sugli ecosistemi marini. A livello mondiale, elevati  nel bacino del Mediterraneo le temperature superficiali sono aumentate di oltre un grado e mezzo negli ultimi quarant’anni. Le osservazioni satellitari rivelano per esempio che nelle acque di Portofino e dell’Isola d’Elba l’incremento delle temperature è stato di ben 1,7-1,8°C. 
Per monitorare cosa succede anche sotto la superficie del mare e studiare l’impatto dei cambiamenti climatici lungo le nostre coste, nel 2019 Greenpeace ha inoltre lanciato il Progetto “Mare caldo”, in collaborazione con il DiSTAV dell’Università di Genova e ElbaTech. 
I risultati raccolti confermano un riscaldamento lungo tutta la colonna d’acqua alle diverse latitudini con seri impatti sulla biodiversità: da sud a nord sono in atto importanti cambiamenti, alcuni potenzialmente irreversibili, con la morte di alcune specie chiave e l’invasione di altre che meglio si adattano a un mare sempre più caldo. La barriera corallina reagisce agli effetti del cambiamento climatico, proprio come noi. I famosi colori arancioni, rossi e gialli della Grande Barriera Corallina sono prodotti da un’alga unicellulare che vive in simbiosi con i coralli, conosciuta dagli scienziati come “zooxantelle”. Questa alga non solo produce gli splendidi colori che vediamo nei fondali, ma rappresenta un’importante fonte di energia per i coralli (grazie al processo di fotosintesi). 
Purtroppo, quando si verificano cambiamenti nelle condizioni ambientali, come l’innalzamento delle temperature marine causata dai cambiamenti climatici o dei livelli di inquinamento, i coralli possono reagire espellendo questa alga simbiotica. Questo fa “sbiancare” i coralli, che assumono un colore bianco spettrale. 
l corallo sbiancato, privo di quest’alga, non può più ottenere energia vitale dalla fotosintesi, ha difficoltà a riprodursi e nella maggior parte dei casi è destinato a morire. Quando gli eventi di sbiancamento diventano regolari, i coralli non hanno il tempo di rigenerarsi o di riprodursi e questo potrebbe portare la Grande Barriera Corallina all’estinzione. 
Dallo studio emerge  che sulle cinque aree monitorate l’AMP Portofino è l’area dove sono stati registrati i minori valori di impatto, sia per quanto riguarda le specie di gorgonie sia per le alghe calcaree. L’AMP Capo Carbonara e l’Isola d’Elba sono risultate le aree dove si sono osservati i maggiori impatti sulle gorgonie. In particolare, per le specie Eunicella cavolini e Eunicella singularis, in entrambe le aree circa il 20-30% delle colonie osservate mostrano segni di necrosi. Per la specie Paramuricea clavata, invece, l’AMP Capo Carbonara è risultata l’area dove sono stati osservati i maggiori impatti, con il 50% delle colonie che mostrano segnali di necrosi. Per le alghe calcaree i maggiori segnali di impatto sono stati osservati nell’AMP Capo Carbonara, dove il 65% della superficie monitorata di alghe incrostanti è risultata sbiancata, seguita dall’AMP Torre Guaceto, dove il 45% di superficie di alghe corallinacee incrostanti e di Peyssonnelia sp. sono risultate sbiancate e in necrosi. Nell’area dell’Isola d’Elba, nonostante i segnali siano minori rispetto alle altre aree di studio, il monitoraggio nei due anni di progetto Mare Caldo ha permesso di osservare un generale aumento dei segnali di mortalità dal 2020 al 2021. Questo risultato evidenzia come il trend in aumento positivo delle temperature abbia continui effetti sulle comunità bentoniche difficilmente arrestabili. 

Il Ferro Fe estratto dalla scoria diventa il nuovo scheletro del corallo  (Re Use) che colorato con vernici ad acqua quindi di basso impatto ambientale assume la bellezza e maestosità del corallo marino.
Ogni pezzo è diverso e crea subito un feeling con chi lo guarda, lo avvolge, gli spiega in pochi minuti come è complicata e semplice la vita, lo fa entrare nella economia circolare sognando la stabilità delle bellezze naturali e rivolgendo un segnale di profondo allarme sulle catastrofi del cambiamento climatico a cui stiamo andando incontro.

Il secondo prodotto è la parte “litoide” della scoria è un inerte artificiale come detto prima. Il materiale è necessario alla industria del Cemento e insieme costituiscono un esempio altissimo di SIMBIOSI INDUSTRIALE.
Il materiale inerte artificiale  nelle nostre idea artistica e degli artisti che per noi hanno studiato il materiale quale PEP Marchegiani autore delle prime opere da noi promosse, può essere usata come ogni altra pietra.